da Una Rosa nel cuore 4.2 Lei ha letto Cooper?
Ricorrendo a un lessico diretto, moderno, spiazzante, fuori dalle liturgie comuniste (in tutte le versioni fino a quel momento conosciute), le otto pagine di Mariella Gramaglia su Referendum e liberazione della donna offrivano una prospettiva del tutto inesplorata e lontana mille anni luce dai pur importanti contributi pubblicati nel Quaderno, alcuni riferiti a un convegno organizzato dal Pci nel 1965 su Famiglia e società. Contestando “la fittizia separazione tra pubblico e privato, fra la spigolosità competitiva di un universo in cui trionferebbe il principio di prestazione e la morbida dolcezza di un privato gioioso e gratificante”, Mariella Gramaglia ci evidenziava che ”anche il matrimonio e la famiglia sono un contratto fra uguali solo formalmente: le radici strutturali su cui questo rapporto si articola sono, invece, ancora una volta orientate nella logica del dominio e dell’oppressione […] la famiglia sclerotizza, uccide, mortifica la donna in un ruolo fatto di lavoro domestico ripetitivo, di esclusione dal sociale, di cancellazione del cervello, di sessualità asservita a una riproduzione non scelta”.
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Parole forti che, se potevano essere accolte senza particolari difficoltà dai più giovani, segnavano un solco con quei militanti che faticavano ad accettare anche soltanto l’idea di essere al centro di una contraddizione che veniva svelata senza ambiguità, senza diplomatismi. “Una contraddizione uomo-donna esiste e va gridata forte, evidenziata, capita in tutti i suoi aspetti, perché solo in questo modo è possibile giungere a una sintesi più alta. L’uomo non è l’agente dell’oppressione, ma è lo strumento attraverso cui l’oppressione si fa realtà concreta e quotidiana. Il possesso di una schiava domestica è l’ultima spiaggia delle illusioni, ciò che gli rende apparentemente tollerabile un’esistenza di alienazione e sfruttamento. […] Un’analisi approfondita sulla famiglia avrebbe, quindi, un’immediata eco sulla politica sindacale e sugli organismi della classe operaia [ma] proprio perché la classe operaia non ha in sé le ‘idee giuste’ per diritto divino come molti credono, ma si costruisce una coscienza soggettiva attraverso il procedere delle sue lotte e la loro socializzazione, si pone, non solo l’importanza, ma la necessità di un movimento femminista autonomo che funga da detonatore di una problematica fondamentale e troppo spesso dimenticata.” E niente sarebbe stato più come prima!