UNA ROSA NEL CUORE 3.3 L'INCONTRO CON IL MANIFESTO - Giovanni Paonessa official web site

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UNA ROSA NEL CUORE 3.3 L'INCONTRO CON IL MANIFESTO

Non fu del tutto casuale se, quindi, pur con le limitate cognizioni che avevo fino a quel momento maturato, mi avvicinai con maggiore sintonia a un gruppo che tecnicamente non poteva neanche essere definito extraparlamentare, disponendo di cinque deputati che erano stati eletti nelle liste del Partito Comunista Italiano e dal quale erano stati radiati il 24 novembre 1969, con l’accusa di frazionismo. All’inizio del 1969 Aldo Natoli, Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Luciana Castellina e Lucio Magri avevano iniziato a pubblicare il mensile il manifesto, vissuto con crescente sospetto dai vertici del Pci.
Il quarto numero della rivista uscì con l’editoriale Un anno dopo. Praga è sola. Una lucida, ferma condanna dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia dentro l’analisi di un quadro politico europeo e mondiale in profonda evoluzione che rese insanabile la frattura.  [PER APPROFONDIRE, CLICCA QUI]
Già fuori dal Pci, nel 1970 la rivista pubblicò le “tesi” per il comunismo, intorno alle quali si avviò l’aggregazione di chi era alla ricerca di un modo originale e attuale di definirsi comunisti.
A Salerno, tra le militanti più attive c’era Lucia e fu bello incontrarsi di nuovo. Ricordo la sede del Centro di iniziativa comunista in via Duomo, piena di bandiere, barattoli di vernice e rotoli di carta su cui scrivere i tazebao. Mi colpì una scritta a pennarello su un tavolo di legno. Era il motto degli anarchici e recitava: «ne stato, ne chiesa, ne servi, ne padroni». Una mano pietosa aveva aggiunto con un altro colore: «né ignoranti che scrivono né senza l’accento». Non c’era acredine in quella  correzione. Mi sembrò, al contrario, un utile richiamo alla necessità di conoscere e far conoscere il maggior numero possibile di parole per rendere davvero libere le persone, perché in grado di pensare e decidere con la propria testa. Tra l’altro, l’accusa di intellettualismo che veniva lanciata dagli stessi che, disponendo di un aggettivo per tutte le occasioni, accusavano Lotta Continua di spontaneismo, mi sembrò il riconoscimento, di una “superiorità”, riferita alla costante attenzione verso lo studio, l’analisi, la proposta. Credo che “complesso” (stavolta inteso come il contrario di semplice) e “complessità” siano stati in assoluto i termini che in quegli anni e per tutti gli anni a venire ho sentito utilizzare e ho utilizzato di più nelle nostre riunioni.
Tra i frequentatori abituali della biblioteca di Mercato San Severino ero l’unico a spostarsi verso Salerno ogni mattina. Silvano frequentava il liceo classico che era stato da poco istituito in paese e Sabatino si recava a Napoli all’università solo per sostenere gli esami. Quindi, spesso, fungevo da collegamento, anche di natura spazio-temporale, tra i due contesti. Il 28 aprile 1971 fu pubblicato il primo numero del quotidiano
che titolava: “Dai duecentomila della Fiat riparte oggi la lotta operaia. È una lotta che può far saltare la controffensiva padronale e i piani del riformismo”.
Luigi Pintor, replicando alle domande di amici ed avversari in merito all’impegnativa decisione di pubblicare un quotidiano, scriveva: “c’è chi ama la società in cui viviamo perché è al decimo posto nella produzione industriale mondiale. Per noi, è una società impastata di sfruttamento e di diseguaglianza, di cui sono vittime milioni di operai di fabbrica, le popolazioni meridionali prive di speranza, le giovani generazioni senza avvenire […] Se dunque questo giornale dovesse soltanto servire a una protesta, a una battaglia ideale contro l’ordine di cose esistente, già questa non sarebbe una fatica sprecata”. Dopo aver contribuito alla “diffusione militante” all’entrata e all’uscita da scuola, ne portai qualche copia con me per distribuirla, sebbene in ritardo, tra gli altri compagni interessati. La cosa andò avanti per diverse settimane. Poi, il manifesto iniziò ad arrivare anche presso l’edicola del paese, nel pacco con tutti gli altri quotidiani, ed il mio lavoro di “staffetta” perse la cadenza del primo periodo e restò circoscritto alle diffusioni straordinarie.
Camminare con il manifesto nel tascone dell’eskimo, nella tasca di dietro dei blue-jeans o infilato tra i libri legati con l’elastico era un tratto distintivo. C’era tutto un modo per piegare la testata in modo che sporgesse “il ma” e, quindi, fosse ben chiaro di quale giornale si trattasse. Costava 50 lire e finita la fase iniziale di lancio che mi consentiva di leggere gli articoli da uno dei resi, quella moneta la recuperavo spendendo di meno per il panino che, se imbottito con la mortadella, mi permetteva di stare nel budget di 100 lire giornaliere che mia madre mi consegnava al mattino. Sarà un riflesso condizionato, ma, ancora oggi, sebbene ne abbia mangiati in quantità, i panini con la mortadella continuano a conservare il sapore di buono e mi rimandano a quegli anni vissuti intensamente.  

Per ascoltare l'intervista di Rossana Rossanda a Diego Bianchi del 2018 citata nel paragrafo 6.1 Unire è difficile [CLICCA   QUI]


LUCIO MAGRI
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LUIGI PINTOR
La vita, l'impegno politico, gli scritti e tanti contributi di chi lo ha conosciuto e amato, si possono approfondire consultando il sito della Fondazione Luigi Pintor [CLICCA SULLA FOTO]
LUCIANA CASTELLINA
Fondatrice de il manifesto, dirigente del Pci e del Pdup, più volte parlamentare ed europarlamentare. Per approfondire [CLICCA SULLA FOTO]


Per accedere al sito del quotidiano il manifesto, per visualizzare la prima pagina del 28 aprile 1971 e il testo integrale dell'editoriale di Luigi Pintor. Inoltre, è anche possibile ascoltarlo dalla voce di Ascanio Celestini [CLICCA QUI]

Inoltre, sempre dal sito del quotidiano il manifesto è possibile accedere ad una sezione particolarmente ricca denominata  "il manifesto come storia" all'interno della quale è ricavato lo spazio "In memoriam - L'omaggio e il ricordo di chi ci ha lasciato" nella quale vengono ricordati, con un''ampia raccolta di articoli, i fondatori ed i collaboratori del quotidiano. Potrebbe essere necessario creare un account gratuito ma... ne vale  la pena.[CLICCA QUI]

La biblioteca Gino Bianco di Forlì conserva la raccolta completa in formato pdf della rivista mensile. Per consultare  [CLICCA QUI]

LIDIA MENAPACE
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