Luisa Cavaliere "Sotto la Giacarnda in fiore"
Dove comincia il Cilento?
Forse inizia a Paestum che affida il suo racconto ai vasi e ai gioielli, agli oggetti votivi che nel Museo testimoniano il succedersi dei vincitori nel governo e nelle abitudini. Struggenti le pietre tombali, ordinate in un'insolita pinacoteca che mostra l'antica, originaria differenza tra uomini e donne, il confine tra il domestico e il pubblico, il potere e la cura. A Sud c'è Agropoli, prima tappa dei greci [...]
Qui si mangiano pane, olio e pomodori, erbe selvatiche, legumi, formaggi invadenti, mozzarelle avvolte in profumate mortelle.
Grotte dove un sapiente merlettaio al buio, per millenni, ha tessuto complicati pizzi d'acqua. Cieli stellati, preziosi come antichi testi di astronomia, scrutati per vedere ogni giorno "se piove o c'è il sole, per sapere se domani si vive o si muore".
Luigi Pintor, un giornalista di sinistra
La voce segnata da una leggerissima inflessione romana mi chiese se c'era posto per un lungo fine settimana di aprile. Le descrissi pregi e difetti. La convinsi senza troppa fatica anche perché era incuriosita dalla lettura della rivista Dove che aveva dedicato a Giacaranda molte lodi. "il mio nome è Isabella Pintor", mi disse. Il cognome evocava la bella, sarcastica scrittura di un grande giornalista, l'impegno di un comunista punito tante volte dalla vita. Un mio punto di riferimento, un mostro sacro. E Isabella era la moglie di Luigi Pintor, che arrivò con una piccola macchina, timido e scrutatore. [...] Bevemmo fino a tardi prima il ratafià e poi, in un crescendo di allegria e amicizia, qualche bicchiere di whisky. Inaugurammo un'abitudine che durò tutto il tempo del suo soggiorno. Tornò altre volte, disponendo in armonia i tasselli di una relazione d'affetto che non censurava l'ammirazione e che si alimentava di giudizi condivisi sul tramonto di una sinistra "che sembrava condannarci a morire democristiani", cosa che aveva paventato in un bellissimo fondo su il manifesto. Penso a lui spesso, ricordo l'ultima discussione sul femminismo, il suo rammarico per aver cresciuto anche figli e figlie degeneri. Lo penso e sono malinconicamente contenta che al "più famoso giornalista di sinistra", come lo chiamavo e come aveva firmato su una bellissima cartolina che ci mandò da una vacanza in montagna, non sia toccata l'opaca banalità del nostro presente.
Angelo Vassallo
Una sera volle andare a scoprire il rifugio notturno scelto dai gabbiani prima di illuminare, all'alba, con le loro ali l'orizzonte prossimo di Acciaroli di Pollica, il suo paese. Il sindaco, Angelo Vassallo, in pochi anni aveva fatto del suo Comune un esempio virtuoso di tutela dell'ambiente e di sviluppo. Cose semplici e scelte urbanistiche coraggiose capaci di "non guardare in faccia nessuno", di rispettare la legge e i suoi vincoli.
I giornalisti lo chiamavano "il sindaco pescatore" per segnalare un'origine che esibiva come segno di attaccamento al mare del Cilento.
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Eravamo amici a modo nostro. Angelo, coraggioso fino ai limiti dell'incoscienza, trasformava spesso la sua azione amministrativa in sfida a viso aperto ai privilegi e all'illegalità. L'ultima volta che l'ho visto sul porto di Acciaroli, due giorni prima che fosse ammazzato, aveva letto un mio articolo ontro i gruppi dirigenti locali e mi disse: «non siamo tutti uguali, Luì!». Io lo sapevo e ho il grande rammarico di non avergli risposto: «hai ragione». Posso ricordarlo a Stefano Pisani che nel ruolo di sindaco ha sostituito Angelo e che con giovane equilibrio gestisce un'eredità complicata che lo aiuta e lo sostiene nei momenti di stanchezza.
Ci parliamo ogni tanto con affetto. Ricordiamo così il nostro Angelo che una sera d'estate, sotto casa, ha incontrato il volto vile e oscuro di quel male assoluto che - a tratti - sembra vincere sulle nostre vite meridionali.